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3. Trattamenti isotermici.

 

L’impiego di trattamenti isotermici permette di studiare separatamente l’influenza dei fattori tempo e temperatura sulle trasformazioni dell’austenite.

Si consideri un campione di piccole dimensioni, molto sottile, austenitizzato e raffreddato molto rapidamente alla temperatura q1 (<Ac1). Questo raffreddamento istantaneo non permette alcuna trasformazione nell’austenite, e permette a quest’ultima di evolversi in condizioni di non equilibrio. In tale modo si può studiare l’evoluzione qualitativa e quantitativa dell’austenite in funzione del tempo. Le tecniche micrografiche, l’analisi dilatometrica, l’analisi termica e magnetica permettono di caratterizzare i costituenti formati (natura, microstruttura, frazione volumica), per ogni temperatura di mantenimento q1.

I risultati ottenuti costituiscono il diagramma di trasformazione in condizioni isotermiche dell’austenite dell’acciaio considerato o diagramma TTT (Temperatura-Tempo-Trasformazione).

In questi diagrammi e negli altri che verranno considerati (ad esempio CCT) verranno indicati con diverse lettere le differenti fasi e costituenti strutturali:

A : austenite stabile

(A) : austenite metastabile

F : ferrite

C: carburi formati durante la trasformazione di (A)

c: carburi primari non disciolti

M: martensite

P: perlite

B: bainite

 

3.1 Trasformazioni della austenite basate sulla diffusione.

Nel caso in cui la temperatura di mantenimento è compresa fra Ae1 ed Ms (definita in seguito) le trasformazioni isotermiche dell’austenite portano alla formazione di aggregati ferrite - carburi:

(A) ® F + C

mettendo quindi in gioco dei fenomeni di diffusione che regolano la cinetica di questo tipo di trasformazioni.

Ad una temperatura di mantenimento determinata, la trasformazione di (A) inizia dopo un certo tempo di

incubazione t0 e termina alla fine del tempo t1. Fra t0 e t1 l’austenite si trasforma progressivamente in (F + C) ed i differenti metodi sperimentali permettono di valutare il tempo ty al termine del quale la frazione y di austenite è trasformata.

Si può anche tracciare un fascio di curve isoaustenite che definiscono per ciascuna temperatura la cinetica della trasformazione (figura 8).

 

Figura 8

 

La cinetica di precipitazione è governata dalla tendenza alla trasformazione g ® a che è tanto più elevata quanto più si è distanti da A1, e dalla tendenza a non formare carburi quanto più Ti è bassa (la velocità di diffusione del carbonio e degli elementi di lega diminuisce fortemente).

Questa cinetica è più o meno complessa e nei casi più semplici (dominio perlitico) può essere descritta da leggi esponenziali del tipo:

 

 

ove y è la frazione in peso trasformata, k ed n sono dei coefficienti sperimentali, t è il tempo. Comunque, nella maggior parte dei casi le curve non sono interpretabili in modo così semplice, specialmente nella zona compresa fra l’intervallo perlitico e quello bainitico.

In effetti, in questa classe di trasformazioni per diffusione, si possono metter in evidenza due tipi differenti, corrispondenti a due meccanismi differenti di formazione dell’aggregato ferrite-carburo.

 

3.1.1. Trasformazione perlitica.

Essa interviene per delle temperature elevate del dominio di trasformazione isotermica della austenite metastabile (750-600°C). L’aggregato (F+C) che si forma è del tipo perlitico lamellare. La fase nucleante è il carburo. La crescita cooperativa delle lamelle avviene senza relazione cristallografica con l’austenite. Lo spazio interlamellare diminuisce con la temperatura e si ottengono delle microstrutture molto fini per dei valori di temperatura inferiori al dominio perlitico. Ne consegue che la durezza del costituente che viene a formarsi è tanto più elevata quanto più è bassa la temperatura di trasformazione.

La trasformazione perlitica fa intervenire degli importanti fenomeni di diffusione del carbonio e degli elementi di lega sostituzionali nell’austenite: i carburi che si formano sono sia delle cementiti legate, sia dei carburi legati, nel caso degli elementi più carburigeni.

 

3.1.2. Trasformazione bainitica.

Diminuendo la temperatura di trasformazione, la diffusione degli elementi di lega sostituzionali diviene sempre più difficoltosa, e la trasformazione perlitica viene progressivamente rimpiazzata dalla trasformazione bainitica.

Nella trasformazione bainitica la fase nucleante è la ferrite: essa si forma mediante taglio del reticolo austenitico, con la nucleazione che avviene secondo i piani ottaedrici dell’austenite. I carburi che si formano sono essenzialmente dei carburi di ferro, dato che il carbonio è l’unico elemento che ha un coefficiente di diffusione sufficientemente elevato.

Si distinguono due tipi principali di bainite:

- bainite superiore: si trova nella parte superiore del dominio bainitico (600-400°C), con la ferrite sotto forma di lamelle ed i carburi di ferro che precipitano fra queste lamelle sotto forma di placchette fra loro parallele. Tale morfologia conferisce alla bainite superiore delle pessime caratteristiche di resilienza.

- bainite inferiore: si trova nella parte inferiore del dominio bainitico (T<550°C), con la ferrite che assume sempre più una morfologia aciculare.

Considerata la bassa temperatura di trasformazione, la diffusione del carbonio diviene anch’essa difficoltosa.

Grazie a ciò, gli aghetti di ferrite sono sovrassaturi in carbonio al momento della loro formazione. I carburi di ferro e precipitano all’interno degli aghetti di ferrite sotto forma di placchette molto fini, semicoerenti con la matrice ferritica. La presenza di questi precipitati molto fini porta ad un indurimento per precipitazione della matrice ferritica che permette alla bainite inferiore di raggiungere un eccellente compromesso fra limite elastico e resilienza.

Riassumendo, si hanno tre tipi di trasformazioni in condizioni isoterme, che permettono di ottenere tre aggregati F + C aventi microstrutture differenti. Al variare della composizione dell’acciaio, i differenti domini si possono ricoprire in modo più o meno ampio ed in certi casi non sono separati (figura 9).

 

Figura 9

 

3.2. Trasformazioni dell’austenite non diffusive, o martensitiche.

Nel caso in cui la temperatura di permanenza dell’austenite metastabile sia inferiore ad Ms (Martensite Starting) caratteristica della lega e delle condizioni di austenitizzazione, la trasformazione dell’austenite prende un carattere molto particolare, dando luogo ad un costituente denominato martensite (M).

Al di sotto di Ms la diffusione del carbonio diviene molto difficile ed infatti la trasformazione martensitica avviene senza diffusione. Essa è quasi istantanea e, ad ogni temperatura qi, una frazione determinata di austenite si trasforma in martensite: un mantenimento isotermico non modifica il tasso di avanzamento della reazione. Le linee isoaustenitiche sono parallele all’asse dei tempi. Il punto Mf (Martensite finishing), temperatura per la quale la trasformazione A ® M è terminata, non può essere esattamente determinato. Se la temperatura Ti è tale che Ms > Ti > Mf , la trasformazione martensitica è incompleta. L’austenite non trasformata in martensite alla temperatura Ti è denominata austenite residua Ares.

- La trasformazione martensitica diviene fortemente dipendente dal tempo se Ti è inferiore a -100, -150°C, a seconda della composizione chimica dell’acciaio.

La martensite è ottenuta per taglio complesso del reticolo dell’austenite, non mettendo quindi in gioco che degli spostamenti di ioni inferiori alle distanze inter-ioniche della struttura cristallina. Essa appare sotto forma di placchette o di aghi. Dato che la diffusione non interviene nella trasformazione martenistica, la martensite

ha la stessa composizione chimica dell’austenite iniziale, che può essere differente da quella dell’acciaio se l’austenitizzazione è parziale (austenitizzazione effettuata a temperature insufficienti). In particolare, la martensite è sovrassatura in carbonio rispetto ad una ferrite di equilibrio.

La martensite ha una struttura cristallina tetragonale o quadratica a corpo centrato, nella quale gli atomi di carbonio interstiziali occupano preferibilmente i siti z (figura 10).

 

Figura 10

 

Il rapporto c/a dipende essenzialmente dal tenore in carbonio.

La formazione della martensite corrisponde al passaggio di una struttura CFC ad una struttura prossima

a CCC, meno compatta, che avviene con aumento di volume. La martensite è un costituente di durezza elevata.

Tale durezza è dovuta ad una elevata densità di dislocazioni associata ad un caso estremo di indurimento per messa in soluzione solida interstiziale di carbonio. Tale durezza dipende essenzialmente dal tenore in carbonio di M. A queste elevata durezza corrisponde una resilienza estremamente bassa.

 

3.3 Parametri influenzanti le trasformazioni dell’austenite.

La composizione chimica dell’austenite è un fattore essenziale nel comportamento di un acciaio dopo austenitizzazione.

Gli elementi in soluzione solida nell’austenite, con l’eccezione del Co, aumentano i tempi di incubazione e spostano i domini perlitici e bainitici verso destra: tale proprietà è essenziale e giustifica l’impiego di acciai legati nei trattamenti termici. Gli elementi fortemente gammageni (Ni, Mn), diminuendo Ac1 ed Ac3, hanno la tendenza a fare sovrapporre i due domini, mentre il Si tende a farli separare, grazie al suo carattere alfageno.

Gli elementi carburigeni (Cr, Mo, W, V, Nb, Ti,...), allo stesso tempo alfageni, spingono i domini verso destra e fanno apparire i due “nasi” perlitici e bainitici, con le due zone che possono essere separate da un intervallo caratterizzato da una grande stabilità dell’austenite.

A parte il Co e l’Al, gli elementi di lega in soluzione solida nell’austenite, abbassano i punti Ms ed Mf. Esistono numerose relazioni empiriche o semiempiriche che permettono di legare le temperature Ms ed Mf con la composizione chimica.

Le condizioni di austenitizzazione Ta, ta possono influenzare la composizione chimica, l’omogeneità della A iniziale e la grandezza media del grano austenitico.

L’aumento del grano austenitico comporta un aumento dei tempi di incubazione. Tale effetto si spiega ricordando che i siti preferenziali di nucleazione sono i bordi grano, e , dato che l’aumento della dimensione dei grani comporta una diminuzione del numero dei bordi grano, si ha una diminuzione dell’importanza di questa nella nucleazione.

 

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