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11. Trattamenti superficiali

 

I trattamenti superficiali degli acciai hanno come obbiettivo quello di ottenere una durezza elevata sulla superficie insieme ad una elevata duttilità ed una buona tenacità del cuore del pezzo. La struttura è quindi macroscopicamente eterogenea. Inoltre, l’elevata durezza della superficie permette un aumento della resistenza all’usura e, in molti casi, un aumento del limite di fatica.

Tale risultato può essere ottenuto in diversi modi:

· Modifica della superficie mediante trattamento termico localizzato (indurimento mediante tempra superficiale).

· Modifica della superficie mediante trattamento termochimico di diffusione di un elemento di lega (nitrurazione, solfonitrurazione, cromizzazione, ...)

· Modifica della superficie per diffusione di uno o più elementi, seguito da un trattamento termico (cementazione oppure carbonitrurazione , seguite da bonifica).

 

11.1. Tempra superficiale.

Essa ha come obbiettivo quello di ottenere una struttura martensitica in uno strato superficiale di qualche millimetro di spessore. Per tale ragione si deve portare rapidamente questo strato alla temperatura di austenitizzazione (> Ac3 dinamica). Il raffreddamento si effettua dopo un tempo rapido di austenitizzazione, in modo da evitare il trasferimento di calore per conduzione verso l’interno del pezzo. A tale fase segue un raffreddamento energico. Oltre ad una elevata durezza, tale trattamento comporta la formazione di sforzi residui di compressione che agiscono sullo strato superficiale che aumentano la resistenza a fatica del pezzo.

Il riscaldamento può essere effettuato mediante un generatore di tensione ad alta frequanza, mediante fiamma ossiacetilenica, oppure, più recentemente, per bombardamento elettronico, per fascio laser, mediante torcia al plasma.

La tempra può seguire due metodi, in funzione delle dimensioni e delle forme dei pezzi da trattare:

- tempra generale istantanea;

- tempra “a seguire”.

Dato che l’austenitizzazione e la tempra devono interessare solo uno spessore superficiale, è inutile ricorrere ad acciai ad elevata temprabilità. Si utilizzano normalmente degli acciai non legati o basso legati, con dei tenori di carbonio inferiori generalmente allo 0.5%. Tali acciai devono avere una buona omogeneità di composizione, rispettare dei limiti nei tenori di S, P, Ni, Mo, Cu, un grano fine e, possibilmente, poco sensibile all’ingrossamento.

 

11.2. Cementazione.

La cementazione è un trattamento termochimico di diffusione avente come obbiettivo quello dell’arricchimento in carbonio di uno strato superficiale del pezzo da trattare.

Tale arricchimento si effettua mediante contatto con un mezzo carburante pulverulento, pastoso, liquido oppure gassoso. L’operazione di diffusione è sempre seguita da una tempra, in modo da ottenere un indurimento dello strato arricchito per formazione di martensite. Inoltre l’indurimento per tempra martensitica induce la formazione di sforzi di compressione nella zona superficiale del pezzo, la cui resistenza a fatica risulta

migliorata.

 

11.2.1. Arricchimento in carbonio.

E’ lo stadio termochimico del trattamento. Si effettua mediante contatto ad alta temperatura del pezzo con un mezzo cementante. In tale modo si forma sulla superficie del pezzo (avente un tenore in carbonio iniziale di 0.1-0.2%) uno strato superficiale più o meno ricco in carbonio. I tenori superficiali finali variano fra 0.7 e 1.2%.

Si hanno due fenomeni contemporanei:

- una reazione chimica che fornisce il carbonio alla superficie del metallo;

- un processo di diffusione del carbonio nella zona superficiale, dalla superficie verso l’interno.

Le condizioni di diffusione del carbonio sono scelte in base al fatto che la solubilità del carbonio in fase austenitica è molto più elevata che in fase ferritica e che il coefficiente di diffusione aumenta con la temperatura. Il trattamento di diffusione avviene quindi in fase g a 900-950°C. I tempi di mantenimento (diverse ore) sono piuttosto lunghi, in quanto temperature di trattamento più elevate rischiano di condurre ad un

ingrossamento del grano inaccettabile.

Si utilizzano tre tipi di cementi: cementi pulverolenti o pastosi, cementi liquidi e cementi gassosi.

Nella cementazione gassosa l’atmosfera del forno è costituita da un gas portante con aggiunte di metano CH4

 o di propano C3H8 (dallo 0.5 al 3.5%). Le aggiunte di idrocarburi (agenti carburanti) dipendono dalla quantità di carbonio assorbita dalla carica del forno.

Il gas portante è costituito da CO, N2, H2. La CO2 e l’H2O vengono eliminate completamente in modo da ottenere un gas rigorosamente riduttore.

Le reazioni di produzione del carbonio sono:

 

 

propano eventualmente aggiunto si decompone in metano ed etilene:

 

C3H8 ® CH4 + C2H4

 

Una atmosfera di cementazione gassosa è caratterizzata dal suo potenziale carbonio.

Esso è il tenore in carbonio di un campione dell’acciaio in equilibrio allo stato austenitico con l’atmosfera cementante alla temperatura ed alla pressione di utilizzazione.

Una atmosfera sarà quindi carburante oppure decarburante a seconda che il potenziale carbonio dell’acciaio sia superiore oppure inferiore al suo tenore in carbonio. Il mezzo cementante agisce come una sorgente di carbonio superficiale che fissa il tenore in carbonio in superficie Cs nell’austenite. Si ha quindi simultaneamente un processo di diffusione del carbonio dalla superficie all’interno . Il profilo del tenore di carbonio nello spessore del pezzo varia con il tempo. Nel processo di diffusione del carbonio

verso l’interno del pezzo si deve ricordare che:

- il coefficiente di diffusione del carbonio dipende dal suo tenore nell’austenite;

- l’introduzione di elementi di lega ha una influenza importante sulla diffusione del carbonio, oltre che sulla solubilità in fase g.

 

11.2.2 Trattamenti termici dopo cementazione.

L’indurimento dello strato superficiale cementato si ottiene generalmente mediante tempra (in olio). I pezzi possono quindi subire un rinvenimento di distensione (150-190°C), con un aumento della tenacità dello strato cementato.

Nel caso in cui la differenza del tenore di carbonio fra cuore e superficie sia rilevante, si preferisce effettuare una tempra doppia che consiste nell’effettuare prima un riscaldamento ad una temperatura sopra l’Ac3 del metallo base (+ 50°C), in modo che raffreddando in acqua oppure in olio il cuore si tempri in condizioni ottimali, mentre la superficie, grazie alla austenitizzazione effettuata ad una temperatura eccessiva presenta un grano martensitico troppo grande. Quindi si effettua un secondo riscaldamento, questa volta ad una temperatura superiore alla Ac3 dello strato cementato, seguito da un raffreddamento da un raffreddamento in acqua oppure in olio. In tale modo il cuore del pezzo subisce complessivamente una bonifica che gli conferisce le proprietà meccaniche desiderate (buona resistenza, elevata tenacità) mentre la superficie raggiunge i massimi valori di durezza ottenibili. Successivamente viene ancora effettuato un rinvenimento a 100-200°C in modo da aumentare la tenacità dello strato cementato senza diminuire la durezza.

Le proprietà dello strato cementato dipendono dalla costituzione qualitativa e quantitativa dopo tempra. Le caratteristiche metallurgiche ottenute sono funzione della temprabilità di questo strato e del trattamento termico applicato. La costituzione dello strato cementato può comprendere, oltre alla martensite, anche della austenite residua, della bainite, della perlite, dei carburi. Vanno comunque assolutamente evitate le strutture

bainitiche superiori, le strutture perlitiche, i carburi in noduli oppure grossolani, in quanto diminuiscono la resistenza alla fatica in flessione ed alla vaiolatura. Inoltre la presenza di austenite residua nello strato cementato diminuisce la durezza, anche se aumenta la resistenza alla fatica in flessione ed alla vaiolatura18.

 

11.2.3. Sforzi residui in un pezzo cementato.

Dopo il trattamento termico, un pezzo cementato presenta uno stato di sforzi residui che dipende fortemente dalla composizione dell’acciaio, dalla composizione e dallo spessore dello strato cementato. La presenza di un campo di sforzi residui dipende da fenomeni puramente termici e dalle trasformazioni allotropiche che subisce l’acciaio.

Queste ultime hanno un ruolo importante nel caso di pezzi cementati a causa della differenza di tenore fra superficie e cuore del pezzo. Questa differenza influisce sui punti di trasformazione di queste due regioni, oltre che sul punto Ms.

Considerando la differenza fra il tenore di C fra il cuore e la superficie, è evidente chela trasformazione       A ® M avviene prima al centro del pezzo, quindi sulla superficie.

Considerando questa sequenza, e ricordando che la trasformazione martensitica avviene con aumento di volume, si può comprendere il motivo per cui si ottengono degli sforzi residui di compressione in superficie.

 

11.3. Nitrurazione.

La nitrurazione è un trattamento termochimico che permette un indurimento superficiale grazie alla diffusione di azoto. Generalmente esso non è seguita da alcun trattamento termico.

L’agente nitrurante può essere liquido (bagno di sali fusi), solido (polveri), gassoso (l’azoto può essere attivo allo stato atomico, nitrurazione gassosa classica, oppure allo stato ionico in un plasma, nitrurazione ionica).

 

11.3.1. Nitrurazione gassosa.

Nel processo classico l’apporto di azoto atomico alla superficie dell’acciaio è ottenuto mediante dissociazione termica dell’ammoniaca, catalizzata dal ferro:

La temperatura usuale di nitrurazione è compresa fra 500 e 550°C. Essa è inferiore alla temperatura di trasformazione eutettoidica del diagramma binario Fe-N (590°C, con formazione di brunite, costituente molto fragile).

Il trattamento può comprendere diversi “pianerottoli” isotermici.

La nitrurazione ha interesse solo nel caso di acciai contenenti Cr, Mo, V, Al.

Uno strato nitrurato comprende normalmente:

- in superficie una zona di combinazione (5-30 mm) costituita in proporzioni variabili di nitruri di Fe g’ Fe4N

 (CFC) relativamente duttile, e Fe2-3N  (EC) relativamente fragile e di buona resistenza all’usura;

- una successiva zona di diffusione (0.05-0.8 mm) costituita da una soluzione solida di N interstiziale nella ferrite nella quale sono precipitati dei carbonitruri o dei nitruri legati (CrN, AlN, ...) sotto forma di particelle estremamente fini e resistenti alla coalescenza.

Si possono raggiungere durezze di 900-1100 HV, che risultano stabili fino a circa 500°C.

La precipitazione nello strato di diffusione di nitruri comporta un aumento del volume specifico con la formazione di un campo di sforzi di compressione. Si ottiene così un ulteriore aumento dei limiti di resistenza alle sollecitazioni di fatica in flessione ed in torsione.

Il trattamento di nitrurazione gassosa è normalmente applicato su acciai che hanno già subito la bonifica. La temperatura di rinvenimento è superiore a quella di nitrurazione per evitare delle deformazioni del cuore durante la nitrurazione. Il tenore di C è compreso fra 0.3 e 0.4% in modo da ottenere una tenacità conveniente nel cuore del pezzo. Una aggiunta di Mo (0.2%) è necessaria per evitare il fenomeno di fragilità di rinvenimento.

Gli acciai utilizzati sono quindi normalmente al Cr-Mo oppure al Cr-Mo-Al. Si possono inoltre nitrurare con buoni risultati gli acciai per utensili , gli acciai inossidabili austenitici (a condizione di depassivare preventivamente la superficie), gli acciai maraging, le ghise al Cr ed al Cr-Al.

 

11.3.2. Nitrurazione liquida.

Questo trattamento viene effettuato in un bagno di sali fusi (cianuri alcalini) posto a 570°C. Esso è applicabile agli acciai non legati ed agli acciai da nitrurazione legati. L’apporto di azoto è assicurato dalla decomposizione dei cianati formati per ossidazione dei cianuri:

4 NaCN + 2O2 ® 4 NaOCN

4 NaOCN ® Na2CO3 + 2 NaCN + 2 CO + 2N

Il bagno nitrurante è anche leggermente carburante, ma, alla temperatura di trattamento, il fenomeno preponderante è quello di nitrurazione.

Lo strato che si forma ha una struttura complessa:

- una zona superficiale sottile, ricca in azoto e contenente dei nitruri del tipo e Fe2-3N, molto resistente al grippaggio ed all’usura (10-20 mm);

- una zona di diffusione (con uno spessore massimo di 0.5 mm) corrispondente a quella ottenuta con la nitrurazione gassosa. Essa raggiunge delle durezze elevate solo nel caso di acciai al Cr e con Al.

La nitrurazione liquida è meno indicata della nitrurazione gassosa ad ottenere uno strato nitrurato spesso. (>0.3mm).

 

11.3.3. Nitrurazione ionica.

Tale processo, di recente introduzione, permette l’introduzione dell’azoto a partire dagli ioni di un plasma ottenuto mediante una scarica elettrica di qualche centinaio di Volt in un ambiente di N2 + NH3 a bassa pressione. I pezzi da trattare costituiscono il catodo, le pareti del forno costituiscono l’anodo. Il plasma si forma solo in prossimità della superficie che viene bombardata da un flusso uniforme di ioni. Tale processo

permette è caratterizzato da una più elevata rapidità (fino a cinque volte inferiore a quella dei normali processi), da deformazioni più piccole, da un decapaggio ionico delle superfici.

Lo strato nitrurato comprende tre zone successive, la cui importanza relativa varia con i parametri tecnologici del processo di nitrurazione:

- una zona di combinazione fragile molto fine;

- una zona di combinazione ad elevatissima durezza (10-30 mm) nella quale si può ottenere una fase g’ (con durezza di 1000-1200 HV) oppure una fase e (con durezza di 1200-1300HV);

- una zona di diffusione (100-500 mm).

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