5. Corrosione localizzata.

Dopo avere analizzato nei precedenti paragrafi i principali aspetti termodinamici ed elettrochimici della corrosione generalizzata, in questo paragrafo saranno brevemente esposte alcune tipologie di attacco corrosivo localizzato, rimandando lo studente a testi specialistici per una trattazione più completa.

 

5.1. Vaiolatura (pitting).

La vaiolatura è una modalità di attacco corrosivo che si presenta sotto forma di cavità (pit) molto piccole

(0.1-2 mm).

 

Fig. 19

 

Le leghe sensibili a questo tipo di attacco sono quelle che presentano nel diagramma di Evans la transizione comportamento attivo - comportamento passivo, in particolare acciai inossidabili ed ottoni. Tale

attacco si verifica solo nel caso in cui si abbia un ambiente ossidante contenente ioni alogenuri (Cl-, Fl-,Br-, I-), e risulta particolarmente pericoloso in quanto la perdita complessiva di massa risulta decisamente trascurabile. Infatti, le micro cavità che vengono a formarsi possono costituire innesco di cricche (ad esempio di fatica).

L’innesco dei pit avviene nei punti in cui lo strato protettivo superficiale è più debole, ad esempio in corrispondenza dei bordi grano, delle inclusioni oppure delle bande di scorrimento affioranti. Queste zone risultano anodiche rispetto al resto della superficie del metallo. Si ottiene localmente una diminuzione della concentrazione dell’ossigeno disciolto ed un aumento della concentrazione degli ioni Cl-. Gli ioni del metallo che

passano in soluzione nel pit danno luogo a reazioni di idrolisi del tipo:

con una diminuzione del pH locale della soluzione. Nella zona attaccata, l’ossigeno non riesce ad entrare, sia per la geometria schermata che per la forte diminuzione della sua solubilità dovuta alla presenza di elevate concentrazioni di altri ioni. La riduzione dell’ossigeno si localizza sulla superficie del metallo prossima al pit. La concentrazione di ioni Cl- all’equilibrio risulta invece legata all’equilibrio fra gli ioni Cl- che entrano nel

pit per trasporto elettroforetico e quelli che ne escono per diffusione.

L’ambiente che si viene quindi a formare all’interno del pit ha una composizione chimica completamente differente da quella media dell’ambiente, grazie ad un elevato tenore di alogenuri e di ioni H+

ed alla assenza di ossigeno.

Viene quindi a funzionare una cella ad aerazione differenziale (figura 19) in cui la composizione chimica locale evolve notevolmente, in modo peggiorativo, durante l’attacco. La figura 20 mostra le curve caratteristiche di un materiale attivo-passivo in assenza (curva 1) ed in presenza (curva 2) di alogenuri in soluzione.

 

Fig. 20

 

In presenza di alogenuri la curva 2 risulta spostata verso destra rispetto alla curva 1. Se il materiale è portato ad una tensione superiore ad Er (detta tensione di rottura) l’attacco per vaiolatura avviene. Normalmente il valore di Er è piuttosto elevato, ed è quindi necessario un ambiente caratterizzato da un forte potere ossidante.

 

5.2. Corrosione interstiziale (crevice).

Tale forma di attacco corrosivo localizzato si ha nel caso in cui l’ambiente penetra in interstizi (0.025-0.1 mm) delle superfici di leghe metalliche passivabili (intagli, saldature porose, collegamenti filettati...).

Inizialmente si ha un attacco corrosivo generalizzato della superficie del pezzo, con un consumo di ossigeno su tutta la superficie. In corrispondenza dell’interstizio l’approvvigionamento di ossigeno risulta difficoltoso, vista la lentezza dei moti diffusivi (sulla superficie libera l’ossigeno è anche rimpiazzato dalla circolazione della soluzione aggressiva). La reazione anodica si localizza sempre più nell’interstizio, richiamando, per trasporto elettroforetico, gli anioni presenti in soluzione. L’idrolisi degli ioni del metallo attaccato comporta la formazione di idrossidi insolubili e di ioni H+, con una diminuzione del pH nell’interstizio. Come si vede, le modalità di attacco caratteristiche della corrosione interstiziale sono molto simili a quelle della vaiolatura.

 

5.3. Corrosione intergranulare.

L’attacco per corrosione intergranulare può comportare lo scollamento di un grano rispetto agli altri, con una notevole diminuzione della resistenza meccanica ed agli urti, nonostante una perdita in massa trascurabile.

La corrosione intergranulare è tipica degli acciai inossidabili austenitici che hanno subito un processo di sensibilizzazione. Nel caso di riscaldamento, per una durata sufficiente, ad una temperatura compresa fra 500 e 850°C circa, si ha la precipitazione di carburi del tipo (Cr, Fe)23C6 preferenzialmente a bordo dei grani. Il notevole potere carburigeno del Cr comporta un disproporzionamento della lega in corrispondenza del bordo dei grani, mentre nel centro dei grani il tenore di Cr resta praticamente invariato.

Nel caso in cui il tenore di Cr libero, ovvero non legato a formare carburi, scenda localmente al di sotto del limite di inossidabilità (12%), l’acciaio diventa suscettibile di attacco intergranulare.

Il meccanismo elettrochimico può essere schematizzato in figura 21, in cui sono rappresentate le curve caratteristiche di un acciaio inossidabile e di un acciaio avente una composizione chimica identica a quella del bordo sensibilizzato.

 

Fig. 21

 

Un acciaio sensibilizzato subisce un attacco intergranulare nel caso in cui il processo catodico porti la lega a funzionare negli intervalli descritti in figura, in cui il cuore si trova in condizioni di passività ed il bordo grano si trova in condizioni di attività.

Per evitare i problemi di corrosione intergranulare, si agisce sul metallo o attraverso un trattamento termico oppure modificando la composizione chimica, in modo da non avere la precipitazione dei carburi di Cr. I metodi utilizzati sono i seguenti:

- Solubilizzazione dei carburi;

- Diminuzione del contenuto di C;

- Impiego di elementi stabilizzanti (Ti, Nb, V, Ta), congiuntamente ad un trattamento di stabilizzazione.

Questo tipo di attacco può avvenire anche nel caso di acciai inossidabili ferritici ed austeno-ferritici, nelle leghe Al-Cu (per la formazione a bordo grano di CuAl2), nelle superleghe di Ni (sempre dovuta all’impoverimento di Cr libero).

 

5.4. Corrosione sotto sforzo.

La corrosione sotto sforzo ha luogo nei casi in cui ambienti blandamente aggressivi, oppure completamente non aggressivi, interagiscono con uno stato di sollecitazione, con la formazione di cricche che possono evolvere fino alla rottura del pezzo. Il fenomeno si sviluppa mediante l’evoluzione di cricche intergranulari, transgranulari oppure transgranulari a delta di fiume (nella figura 22 sono mostrate le differenti morfologie; in tutti e tre i casi il carico si considera applicato ortogonalmente alla direzione di propagazione della cricca).

 

Fig. 22

 

L’evoluzione di queste cricche può essere suddivisa in tre stadi: innesco, propagazione e rottura di schianto.

L’innesco ha luogo in corrispondenza di rotture locali del film protettivo. La cricca si forma mediante meccanismi che richiamano l’evoluzione del pit, nel caso di attacco per vaiolatura. Una volta che la cricca si è formata, essa avanza grazie alla azione sinergica dello stato di sollecitazioni e dell’ambiente locale (all’interno della cricca) che diviene decisamente aggressivo (per la variazione della concentrazione di anioni, di ossigeno e

di ioni H+). La rottura avviene quando i valori del K applicato raggiungono un valore critico, con una rottura che risulta duttile oppure fragile in funzione della tenacità del metallo. L’evoluzione della cricca è tale per cui il fattore di intensificazione degli sforzi (che nel caso di modo I di propagazione è definito come KI) passa da un valore KISCC (valore di soglia al di sotto del quale non si osserva alcuna propagazione della cricca) fino al valore critico KIC (tenacità del materiale), in corrispondenza del quale si ha la rottura di schianto (figura 23).

 

Fig. 23

 

 Durante l’evoluzione della cricca per tensocorrosione, l’apice della cricca risulta anodica rispetto al resto della superficie del pezzo. La criticità dell’attacco corrosivo per tensocorrosione risulta inoltre incrementata dallo sfavorevole rapporto delle superfici anodiche/catodiche.

L’idrogeno che viene a formarsi nelle zone catodiche, in parte si ricombina a formare idrogeno molecolare, secondo la sequenza H+

adsorbito e, quindi assorbito nel metallo, ove diffonde nella zona plasticizzata, formando una soluzione

solida interstiziale, con un infragilimento della zona. Tale idrogeno può inoltre formare dei composti estremamente fragili, denominati idruri.

 

5.5. Corrosione-fatica.

La presenza di un ambiente anche moderatamente aggressivo può comportare una aumento della sensibilità di un metallo alle rotture per fatica. Considerando le curve di fatica di un acciaio in aria ed in presenza di un ambiente aggressivo, si osserva la scomparsa del limite di fatica (figura 24).

 

Fig. 24

 

La presenza di un ambiente non inerte comporta una modifica delle curve di propagazione che varia in funzione della combinazione metalloambiente. Si può osservare una diminuzione del valore di soglia DKth, oppure un aumento della velocità di propagazione (figura 25a: Fatica corrosione vera; figura 25b: Fatica sotto sforzo; figura 25c: sovrapposizione dei casi “a” e “b”).

Fig. 25

 

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